L’Alzheimer è una malattia sempre più diffusa e con una forte ricaduta sociale, ma con un corretto stile di vita e un mix di terapie all’avanguardia si riesce non solo a rallentarlo, ma anche a prevenirlo.

Secondo un importante studio fatto negli Stati Uniti: una dieta a base di verdure, frutta secca, pesce, associate ad un corretto stile di vita e specifici integratori mostrano buone possibilità di prevenire  o rallentare l’Alzheimer.

L’Alzheimer è tra le patologie più drammatiche e devastanti non solo per i malati, ma anche per le persone che li assistono, a cominciare dai famigliari; infatti normalmente coinvolge l’intera famiglia del malato: Le malattie degenerative colpiscono perlopiù la terza età, ma con una percentuale del 2 per cento anche persone sotto i 60 anni.

In Europa ci sono 6,5 milioni di malati di Alzheimer. Solo in Italia sono tra gli 850 e i 920 mila: tra l’1.4 e l’1.5% della popolazione. Le previsioni, come già annuncitao nel rapporto mondiale Alzheimer del 2012, sono che entro il 2050 queste cifre raddoppino.

Il quadro è tracciato dal Rapporto demenza 2014, pubblicato da Alzheimer Europa e presentato da Alzheimer Italia, federazione che riunisce 47 associazioni sparse sul territorio. Si tratta di uno studio che ha coinvolto i 27 Paesi dell’Unione Europea più Islanda, Norvegia, Svizzera e Turchia. La media europea di malati è più bassa di quella italiana: 1,14% e l’1.27%. Con percentuali simili all’Italia ci sono solo Spagna a Svezia.

L’invito che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e Alzheimer’s Disease International rivolgono oggi a tutto il mondo è di considerare l’Alzheimer una priorità mondiale di salute pubblica, un problema globale e non solo una ”malattia del mondo delle malattie”.

Nel mondo ogni 4 secondi nasce un nuovo caso di demenza, un tasso di crescita impressionante, pari a 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno.

L’Alzheimer è stato descritto per la prima volta nel 1906 dal neuropatologo Alois Alzheimer (1863-1915) durante una Convenzione psichiatrica di Tubingen; era una malata di 51 anni affetta da una sconosciuta forma di demenza. Ma solo nel 1910 la malattia ebbe un nome, grazie a Emil Kraepelin, il più famoso psichiatra di lingua tedesca dell’epoca che ripubblicò il suo trattato “Psichiatria”, nel quale definiva una nuova forma di demenza scoperta da Alzheimer, chiamandola appunto malattia di Alzheimer.

L’Alzheimer è una malattia irreversibile, caratterizzata da una degenerazione progressiva delle facoltà intellettive. Le persone affette da questa patologia manifestano afasia di tipo principalmente motorio, perdita della comprensione dell’uso degli oggetti usuali e graduale alterazione della capacità di comprensione. Colpisce senza distinzioni di nazionalità o di razza, interessa sia uomini che donne.
Non si conosce di preciso una causa della malattia; tuttavia, gli ultimi studi propendono per un’origine multifattoriale, vale a dire che viene riconosciuta una concomitanza di cause. In alcune famiglie la malattia ha una chiara ereditarietà dominante, ma si tratta di casi molto rari. In un maggior numero di casi si riscontra una certa predisposizione genetica, testimoniata dalla presenza di qualche altro familiare, anche lontano, colpito dalla malattia, ma anche qui niente è testimoniato scientificamente. Molto probabilmente invece, le cause della malattia vanno individuate in uno scorretto stile di vita come: carenza di riposo e sonno, dieta non equilibrata, disfunzione mitocondriale, carenza di antiossidanti ecc.

Le cause della malattia di Alzheimer potrebbero comunque essere attribuite ad atrofia cerebrale dovuta ad alterazioni istologiche: placche senili e degenerazione neurofibrillare. Il perché si verifichino tali alterazioni, non è ancora del tutto noto, ma, studi recenti propendono per un’alterazione genetica degenerativa.

I primi sintomi della malattia possono essere confusi con i normali segni dell’invecchiamento.
La perdita della cosiddetta memoria a breve (recente), consistente nella difficoltà a ricordare anche parole di uso giornaliero è sempre il primo sintomo. In seguito si verifica la perdita dell’orientamento, l’individuo dimostra cambiamenti nelle facoltà di relazione (disturbi del linguaggio e della capacità di muoversi), incapacità nel riconoscere i parenti e gli amici, cambiamenti comportamentali (ansia, insonnia e modificazioni caratteriali), mancato controllo delle funzioni vitali (alterazione del ciclo sonno-veglia, dell’appetito con continua ricerca di cibo ed incontinenza urinaria e fecale), sino al progressivo peggioramento e perdita delle capacità mentali.

I segni più frequenti e più caratteristici dell’Alzheimer e che permettono una diagnosi per esclusione, sono:

perdita della memoria in forma progressiva e pervasiva;
incapacità di controllare le risposte emotive;
confusione e disorientamento spazio temporale;
frequente ripetizione delle domande;
incapacità di ritrovare le proprie cose, nascoste in luoghi poco usuali;
agitazione, inquietudine e nervosismo;
motricità afinalistica, che è stata chiamata vagabondaggio;
allontanamento da casa non riconoscendola come propria;
perdita dell’orientamento anche nelle vicinanze della propria casa;
mancato riconoscimento dei famigliari: moglie o marito, figli, nipoti;
stanchezza, distacco, tristezza o depressione;
segni di tensione eccessiva, di irritabilità ed aggressività;
ideazione paranoica, interpretativa e delirante nei confronti di tutti;
allucinazioni per lo più visive e uditive;
desiderio di andare dai propri genitori (soprattutto la mamma);
perdita della coordinazione nei movimenti complessi e poco abituali.

L’Alzheimer purtoppo può essere diagnosticata solamente dopo la morte del paziente attraverso un esame autoptico, che mette in evidenza una diminuzione di cellule nervose nelle aree cerebrali preposte al pensiero e al ragionamento e un eccessivo numero di proteine amiloidi.
Quando si dice che èstato diagnosticato l’Alzheimer su un malato ci si riferisce in realtà alla fase avanzata della malattia dove i sintomi sono espliciti, ossia dove c’èla perdita delle capacità mentali basilari; da questa diagnosi, l’aspettativa di vita, benché in genere variabile, èsolitamente di 2 o 7 anni.
Teoricamente, si potrebbe effettuare una biopsia, ma questa pratica esporrebbe a tali rischi di complicazioni da renderla sconsigliabile. Le tecniche di diagnostica per immagini come la risonanza magnetica nucleare, la PET, la TAC e la SPECT servono più che altro a escludere che la malattia sia dovuta ad altre cause, come ad esempio l’ictus cerebrale.
Ecco come appare un cervello Sano:

Ecco invece come appare un cervello
colpito dall'Alzheimer:

L’importanza della dieta per la prevenzione dell’Alzheimer

Secondo lo studio effettuato negli Stati Uniti, si può prevenire la malattia dell’Alzheimer mangiando  cibi ricchi di Omega 3, come: pesce, caviale e frutta secca. Nocciole, mandorle o le noci e anche carne di pollo, e che hanno la capacità di ridurre i tassi sanguigni della proteina beta-amiloide che è associata ai problemi di memoria e alla malattia di Alzheimer.

Neurology : È la rivista che ha pubblicato lo studio. Ricercatori della Columbia University, a New York, hanno monitorato 1.219 persone con più di 65 anni di età, senza problemi cognitivi. È stato chiesto a loro di compilare un questionario molto dettagliato sulle abitudini alimentari. Un anno e mezzo dopo sono stati sottoposti a un prelievo di sangue che ha misurato il livello della proteina beta-amiloide. E’ utile ricordare che mentre  è assai difficile misurare i depositi di proteina beta-amiloide nel cervello, è facilissimo dosarla con un esame del sangue. E’ stato cercato un legame con la proteina circolante, per dieci componenti nutritivi:  acidi grassi saturi, acidi grassi polinsaturi omega 3 e omega 6, acidi grassi monoinsaturi, vitamina E, vitamina C, vitamina D, vitamina B12, folati, betacarotene. I ricercatori hanno constatato la corrispondenza che c’è tra assimilazione di antiossidanti, omega3 e tassi di proteina beta-amiloide nel sangue. Lo studio ha anche consigliato una dieta: insalata, pesce, frutta, carne di pollo. Invece gli altri alimenti sottoposti al test non sembrano avere alcuna influenza sul tasso di proteina beta-amiloide circolante nel sangue. Lo studio ha anche dato una conferma di una cosa che già si sapeva: la dieta è utile  per prevenire le perdite cognitive leggere, che spesso precorrono l’Alzheimer.

L’importanza di un corretto stile di vita

Dormire minimo 5 ore a notte fa parte del corretto stile di vita. Poco sonno fa aumentare il rischio che insorga o progredisca più velocemente la malattia di Alzheimer.

Ecco quanto suggerito da un nuovo studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, i cui ricercatori hanno esaminato l’associazione tra le variabili del sonno e la presenza di un biomarker per la malattia di Alzheimer.
I risultati dell’analisi, pubblicati sulla rivista Neurology, mostrano che il sonno di breve durata, così come una scarsa qualità sono stati associati a una maggiore presenza di peptidi beta-amiloidi, un noto segno distintivo della malattia – o biomarcatore.

Il dott. Adam Spira, autore principale dello studio  ha trovato che, tra gli adulti più anziani, una segnalazione di più breve durata del sonno e una più scarsa qualità del sonno sono stati associati a più alti livelli di beta-amiloide, misurati con scansioni PET del cervello.

Lo studio, che si è inizialmente basato sui dati auto-riferiti dai partecipanti, ha rilevato che le ore di sonno andavano da una media di più di 8 a meno di 5 per notte, a seconda dei casi. I pazienti con un’età media di 76 anni, sono stati sottoposti a scansioni cerebrali per mezzo del Pittsburgh compound B tracer e la PET (positron emission tomography), con cui sono poi state osservate le concentrazioni di beta-amiloide.
Come già detto, nei pazienti che avevano riferito un scarsa qualità del sonno, sono stati associati maggiori accumuli di beta-amiloide: il che suggerisce un’associazione tra i due fattori e il rischio Alzheimer.

L’importanza della Bacopa per la prevenzione dell’Alzheimer

Recenti studi hanno confermato che la Bacopa aumenta la memoria e la cognizione, e può aiutare a prevenire l’Alzheimer.

I ricercatori del Medical College of Khon della Thailandia Kaen University hanno condotto uno studio su 60 volontari anziani di un’età media di 63 anni. Hanno somministrato un mix di erbe chiamato Brahmi – nome botanico Bacopa monnieri  per tre mesi.

Prima e dopo il periodo di trattamento, i ricercatori hanno testato le capacità di memoria dei soggetti, La loro capacità di attenzione, la velocità di elaborazione cognitiva e il tempo di reazione. Sono state stimate le loro funzioni delle cellule cerebrali. I soggetti sono stati osservati durante il trattamento e quattro settimane dalla fine dello stesso. È stato effettuato il tipico test doppio cieco.

L’esperimento è stato suddiviso in due gruppi, a uno è stato dato un trattamento placebo e all’altro sono stati somministrati dai 300 mg a 500 mg di un insieme di erbe estratti dalla Bacopa .

Sul gruppo trattato con il Brahmi è stato notato un miglioramento significativo delle funzioni cognitive, compresa la memoria maggiore, tempi di attenzione maggiori e tempi di reazione migliori.

Un recente rapporto clinico ha anche scoperto che 100 milligrammi al giorno di Bacopa possono migliorare in modo significativo i sintomi della schizofrenia. Questo dato proviene dall’India Mahatma Gandhi Medical College and Research Institute.

Il trattamento con la Bacopa diventa una svolta nelle patologie degenerative neurologiche, la conclusione principale di questi studi è che l’erba ayurvedica, Bacopa, aiuta ad aumentare la conoscenza, ridurre l’ansia, prevenire la demenza e diventa uno dei primi trattamenti potenzialmente utili nei casi di Alzheimer.

Per saperne di più potete approfondire l’argomento sul sito web: http://stemcellres.com/content/5/4/100

Bacopa:

L’importanza del Glutatione per la prevenzione dell’Alzheimer

L-glutatione è il più potente fra gli antiossidanti prodotti dall’organismo. Cercando su pubmed si scopre che ci sono sono oltre 25 mila studi medici pubblicati relativi a (l-glutatione o gamma-glutamilcisteinilglicina).
Combatte l’invecchiamento attraverso 2 vie principali : l’intestino ed il sistema circolatorio.

Protegge le cellule, i tessuti e gli organi del corpo, che così si mantiene giovane.

Il glutatione è una combinazione dei tre aminoacidi: acido glutammico, glicina, e cisteina.

E’ un potente antiossidante, perchè riduce i radicali liberi e ha dunque una importante azione anti-invecchiamento.

Il glutatione si trova in piccole quantità nei broccoli, ma anche nell’avocado, asparagi, aglio, carota, fragola, pesca.

L’importanza della Tiamina nella prevenzione dell’Alzheimer

La tiamina o tiammina è la vitamina B1. Una mancanza di tiamina causa un disordine nel metabolismo, e come risultato i nervi diventano irrimediabilmente anormali.
La tiamina ha un ruolo fondamentale nell’attività di molti enzimi. È inoltre essenziale al metabolismo per mantenere efficiente il sistema nervoso, i muscoli e la funzionalità cardiaca. La carenza cronica di tiamina provoca alterazioni del sistema nervoso centrale e periferico e dell’apparato cardiovascolare, con evoluzione subacuta e potenzialmente fatale. Moltissime pubblicazioni son state fatte sull’importanza della tiammina nella prevenzione delle malattie neuro degenerative.

La Tiammina si trova nei multivitaminici, o in piccole quantità nella crusca d’avena.

L’importanza dello Zinco nella prevenzione dell’Alzheimer

Un studio dell’Università del Wisconsin-Madison, pubblicato sul Journal of Biological Chemistry, suggerisce che una carenza di zinco può ridurre la stabilità proteica e determinare la formazione di aggregati proteici a livello cerebrale, favorendo l’insorgere di malattie come l’Alzheimer. Il dottor Colin MacDiarmid, insieme al dottor David Eide, hanno studiato il sistema su di un lievito unicellulare, poiché in questo modo è più semplice valutare gli effetti e il ruolo degli ioni di zinco, dato che questo si adatta facilmente sia alla carenza che a un eccesso di zinco.
In questo studio si è scoperto che il gene Tsa1 è in grado di creare delle proteine “accompagnatrici” che impediscono l’aggregazione delle proteine nelle cellule con una carenza di zinco. Mantenendo le proteine in una soluzione, si è anche trovato che Tsa1 previene i danni che, altrimenti, portano alla morte cellulare.
Il Tsa1 è necessario per mantenere le proteine intatte in modo che possano funzionare – spiega il dottor Eide – Se non si dispone di zinco, le proteine si uniscono insieme, e diventano tossiche, perché le proteine non riescono a compiere quello che dovrebbero fare. In entrambi i casi, si finisce per uccidere la cellula.

Anche se saranno necessari ulteriori studi di approfondimento, una carenza di zinco pare possa in ogni caso causare danni cellulari che possono in effetti essere causa di malattia.

I cibi contenenti zinco sono molti tra cui: le ostriche, la carne rossa, in particolare la carne di fegato o il diaframma, le noccioline, i fagioli, il pane integrale, i semi di zucca ed i semi di girasole.

I fattori di differenziazione e i fattori di crescita nella prevenzione delle malattie neurodegenerative

Recenti studi fatti dal dott. Pier Mario Biava hanno messo in luce l’importanza dei fattori di differenziazione e dei fattori di crescita nella prevenzione e nella cura delle malattie neurodegenerative. In una recente pubblicazione fatta su Cell R4 il dott. Biava spiega come sia possibile riprogrammare in modo fisiologico le cellule degenerate attraverso i fattori di differenziazione embrionali. Per saperne di più potete approfondire su CellR4, ecco il sito web dove trovare l’articolo completo:

http://www.cellr4.org/article/1226

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  • funzione cognitiva: Bacopa, Zinco
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